Nascere insieme

Scritto da admin il 17 apr, 2011 in Essere genitori, Piccole impronte | 0 commenti

di Lucia Galluzzo

Alla nascita di Arturo siamo nati in due: lui che certamente è il vero protagonista della sua nascita e che dunque ha per la prima volta visto la luce e io che, con un ruolo minore, sono nata come madre. In questi primi mesi insieme, mentre lui cresce e scopre un’infinità di cose, io cerco di scoprire e costruire il mio ruolo di mamma; è un ruolo che amalgama in sé la mia storia passata con la mia presente e per questo è assolutamente nuovo ed eccitante… talvolta faticoso talaltra meraviglioso e calmo… procedo a salti… ci sono passi traballanti pieni di incertezze e perplessità… ma ce ne sono altri decisi e saldi con i quali corro spavalda e sicura del fatto mio…

Scopro le mie dolcezze, scopro le mie rigidità, le mie forze e i miei limiti, il mio ottimismo e le mie paure; scopro che tutto è nuovo e che, se finora mi ero definita in un modo, non è detto che quel modo valga per me ancora adesso… Nessuno mi aveva preparato a questo cambiamento così forte, nessuno mi aveva mai descritto che il cambiamento sarebbe stato così potente, né mi aveva detto cosa avrei provato ma… forse nessuno avrebbe mai potuto dirmi niente di tutto ciò perché, di certo, il modo in cui ogni donna vive la propria gravidanza, il proprio parto e la propria maternità è assolutamente unico e personale, così come unico è il rapporto che si crea nella coppia madre- figlio/a.

Ma forse proprio di ciò che è personale se ne parla poco… si parla sempre di ciò che “è scontato”… È scontato che in gravidanza non si debba andare in bici… È scontato che si partorisca in ospedale…

È scontato che il tempo di allattamento materno sia stabilito dal pediatra… È scontato che si torni presto a lavoro… È scontato che si lasci presto il bambino alla babysitter e che presto lo si iscriva al nido…

È scontato che dorma nel suo lettino e che gli si imponga- no dei ritmi comodi ai genitori… Ciò di cui non si parla è del desiderio. Non si parla di ciò che la madre desidera e di ciò che crede corretto per sé e per il bambino…

Oggi non è facile rispettare se stessi ed esprimere ciò che si prova perché è faticoso lottare per togliersi di dosso le ovvietà, le certezze di cui tutti si riempiono la bocca e attraverso queste giudicano.

Quando avevo il pancione avevo un solo pensiero: ascol- tare il mio bambino, comunicare con lui. Le mie letture mi avevano preparato a questo ascolto e non avevo altro desiderio che provare a parlare con lui. E così è stato, abbiamo parlato molto… durante la sua vita nel mio utero e durante le contrazioni mentre veniva lentamente fuori. Anche oggi gli parlo molto con le parole e con gli occhi, con le smorfie e con i giochi che ogni giorno senza sosta ci inventiamo. Mi viene semplice, ovvio… scontato… molto più facile ascoltare lui che le regole che la società e il perbenismo ci propongono come migliori…. È attraverso la comunicazione con Arturo che credo di potere essere “una madre sufficientemente buona” (Winnicott), è attraverso il nostro silenzioso e amorevole dialogo che credo di potere scegliere per me e per lui se posso andare in bici, se posso partorire in casa, se continuerò ad allattarlo, se tornerò a lavoro, se posso lasciarlo alla babysitter, se sia il caso che mi informi del nido e se per dormire sereno vuole il suo lettino o il calore dei suoi genitori…

Del mio “personale”, dei miei desideri e della comunicazione con Arturo mi piacerebbe parlare. Mi piacerebbe confrontarmi sul mio quotidiano… sulle mie scelte… sui miei pensieri… le mie ansie.

Rifiuto l’ovvio e lo scontato ma so che il “personale” (fare di testa propria, ascoltare se stessi) richiede un’assunzione maggiore di responsabilità e per questo è necessario che non resti isolato ma che si confronti con il pensiero e l’esperienza altrui.

Ma la giornata di una neomamma è fatta di molto isolamento, di molto silenzio… mi adatto ai bisogni di Arturo e li armonizzo con i miei. Trascorro il mio tempo con lui… è bellissimo ma sento che ho molto desiderio di confronto, di incontro con altre per- sone che anch’esse condividano il mio desiderio.

Mi sento attratta dalle neomamme, perché ho molto bisogno di conoscere come fanno loro questo o quello… cosa hanno inventato per risolvere un problema o un altro… mi piace parlare di piccole cose pratiche ma anche di “teorie pedagogiche”.

Mi sforzo di andare dal pediatra solo per “le necessità” e non per i piccoli disturbi quotidiani ma è difficile saper discernere e scindere gli uni dagli altri non appena sorge qualche sintomo… anche per questo so che devo darmi tempo così da imparare a conoscere il mio bambino ma anche le sue reazioni alle nostre ansie e preoccupazioni. Anche per questo sento il desiderio del confronto con l’esperienza di altri genitori, mi pare ci siano alcune situa- zioni in cui l’esperienza diretta delle mamme e dei papà sia sufficientemente ricca per darmi una mano.

Da un paio di settimane Arturo ed io incontriamo R. e il suo piccolo M. e parliamo fra noi di noi e dei nostri piccoli, ci ascoltiamo, ci consigliamo e ci trasmettiamo fiducia e forza in noi stesse.

Ci scambiamo i nostri segreti, ma quando capita anche qualcuna delle nostre preoccupazioni e discutiamo le  nostre incertezze. Serenamente ci raccontiamo le emozioni che proviamo, i momenti meravigliosi che trascorriamo con i nostri piccoli; lo facciamo senza imbarazzo, lo facciamo sapendo che l’altra condivide e capisce e non giudica con severità e stupidità pensando che stai perdendo tempo con un bambino sacrificando il tempo del tuo lavoro. Essere madre non vuol dire rinunciare a lavorare ma accettare con serenità che lavoro e maternità sono incom- patibili almeno per un tempo, che è un tempo sacro fuori dall’ordinario e che per questo dovrebbe oggi essere rispettato e onorato. Ognuna di noi vive un’esperienza diversa, ognuna di noi ha la sua storia e per questo ha il proprio approccio… nonostante ciò ci fa bene trovarci insieme perché c’è una bella solidarietà… se non riusciamo a incontrarci ci mandiamo sms e ci parliamo al telefono; ci cerchiamo quando non ci sentiamo comprese dagli altri perché sappiamo che tra noi siamo solidali. Quando siamo insieme allattiamo i nostri bambini con disinvoltura senza l’imbarazzo che il nostro gesto possa infastidire o mettere a disagio… piuttosto siamo sicure che nessuna delle due penserà “ma quante volte?”, “per quanto?”, eccetera eccetera. Abbiamo molta fiducia nei nostri bambini: li ascoltiamo. I nostri bambini hanno avuto nascite diverse, allattamenti diversi e certamente coccole e giochi diversi; è naturale che sia così. Ciò non toglie che a R. e a me piace far sentire ai nostri bambini la presenza l’uno dell’altro. L’ultima volta che ci siamo incontrate M. ha cominciato a tendere le manine verso Arturo per toccarlo e conoscerlo… Arturo ancora resta incantato… ma quando M. va via sembra conservare di lui dei suoni ancora non sperimentati.

Con R. abbiamo pensato che potrebbe essere bello allargare i nostri incontri ad altre mamme e bambini. A Palermo, qui dove abitiamo, non esistono “corsi dopo parto” in cui le mamme si incontrano e confrontano le loro esperienze. Per questo abbiamo pensato che potremmo organizzare un appuntamento settimanale noi per noi stesse per i prossimi mesi… forse potrebbe ospitarci uno spazio dedicato al gioco… è un luogo molto bello e caldo nei colori e nei materiali… forse potremmo andare lì la mattina del sabato con i nostri bambini… forse potrebbe- ro venire anche i papà liberi e interessati…

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